lunedì 17 aprile 2017

Jónasson promoter dell'Islanda Romantica

Libri: L'angelo di neve, Luce d'estate ed è subito notte
Parole: corrente, claustrofobia, appartenenza, Islanda

C’è sempre bisogno di un motivo valido, per scrivere. Bisogna trovarlo. Stavolta ne ho trovati due: il primo è che ho un buon libro da raccontare e il secondo è una polemica dalla quale mi sento toccato. In questo soleggiato aprile, in cui succedono anche cose brutte e molto serie, uno dei temi d’attualità è “lavorare di domenica”. In Italia quasi 5 mln di persone fanno lavori con turni festivi, 3,5 mln hanno un lavoro precario e più di 3 mln sono disoccupate. Tra chi ha deciso di esprimere il proprio parere attraverso i social, prevalgono i contrari al lavoro domenicale. Io sono in minoranza: a me va bene lavorare anche nei festivi.
Questo E’ il punto di vista di un libraio lavoratore-dipendente, e NON E’ una contestazione dell’opinione altrui: se mi lasciate lavorare in pace a Pasqua, vi prometto che non lavorerò qualche altra domenica. Ok?


                      1 L'Angelo di Neve fa bella mostra di sé insieme ad altri gialli scandinavi

Come dicevo, ho anche trovato un libro bello. La comunità di autori, che forse esagero a chiamare “Scuola Scandinava”, non si è seduta sulla sua buona reputazione ma si sta aggiornando e allargando, e questo rende tutto il movimento ancor più interessante. Sono convinto che ci sia ancora molto da scoprire circa la letteratura del Nord Europa, anche al di fuori della corrente del crime scandinavo.
Quando si parla di narrativa, l’Islanda viene considerata un paese scandinavo. Anche qui, sul “continente”, gli islandesi si leggono bene. Mi pare che l’apporto islandese al successo globale dei libri nordici sia notevole. E questo è sorprendente se si considera che al mondo ci sono solo 330mila islandesi! Obiettivamente non è una grossa cifra. Su questo essere pochi e perlopiù decisamente “appartati”, i migliori tra loro ci scherzano su. L’autore Jòn K. Stefànsson, ad esempio, ha ironizzato su certi tratti tipici islandesi nell’incipit del suo ultimo libro:
Stavamo quasi per scrivere che la particolarità del paese sta nel non averne nessuna […] sicuramente esistono altri luoghi in cui la maggior parte delle case ha meno di novant’anni, luoghi che non vantano nessun personaggio rinomato, nessuno che si sia fatto notare nello sport, nella politica, nel commercio, nel mondo del crimine.  Luce d’estate ed è subito notte, p. 7
E poi c’è gente come Ragnar Jónasson. Questo giovanotto classe ‘76 veleggia alla grande nel Regno Unito, ed è un islandese che è emerso. Ho letto il suo libro d’esordio, L’angelo di neve, e l’ho trovato molto emozionante. Un motivo valido in più per dedicargli un post è che questo è il primo suo libro pubblicato nella nostra lingua. L’ambientazione è particolare: nel suo essere estremamente nordica risulta anche molto esotica, specie per noi italiani. Siamo nella città di Siglufjörður, vicino all’area più sperduta dell’Islanda, i Fiordi Occidentali. I fatti si svolgono tra fine 2008 e inizio 2009, durante la pesante recessione economica. Il protagonista, Ari Þór Arason, proviene dal sud, da Reykjavik, dove il clima è migliore e la gente più aperta o, piuttosto, meno abbottonata, ed è il classico pesce fuor d’acqua. 
Siglufjörður conta 1200 residenti, ed  è universalmente catalogabile come Piccola Città; peraltro, da quando le aringhe hanno lasciato il fiordo su cui si affaccia, è indubbiamente un EX florido-centro-commerciale-marittimo. Succede poco, vige il rispetto reciproco e il massimo della vita è fare parte della filodrammatica (amatoriale). Per i concittadini, però, è una città "grande", dato che vanno considerate veramente piccole solo le città con 600 abitanti. Questo ci serve per capire subito il contesto, ed entrare nel mondo islandese, il quale ha regole e misure tutte sue. Un mondo dove l’acqua dei rubinetti, di base, è calda e dove, per la stessa ragione, gli alberi di Natale arrivano dalla Svezia, e quella ragione è la straripante vitalità geotermica, che scalda le falde e rende la vita difficile alle radici degli alberi. Detto questo, si tenga presente che Siglufjörður pare abbia un clima invernale da incubo. O almeno così sembra  a chiunque sia abituato agli inverni a sud di quella “grande” città. Una cosa che mi piace un sacco del libro è che, al pari di Ari Þór Arason, il Clima è Protagonista. Ari  Þór (leggiamolo pure Ari Thor all’inglese o meglio ancora Ari Dor) è un bel giovanotto di 24 anni che si trova a un bivio della propria vita: è uno che non mette radici, un istintivo, e fino a poco tempo fa stava studiando teologia. Si trovava giusto sul punto di divertirsi parecchio sotto alle coperte con la sua ragazza quando, improvvisa e torrentizia come solo le proposte di lavoro islandesi possono essere, gli arriva un’offerta del tipo “prendere o lasciare” dal distretto di polizia di Siglufjörður. Gli telefona personalmente il capo della Polizia Locale, Tomàs, un uomo tutto d’un pezzo che ha sempre vissuto a Siglufjörður, cioè molto, molto lontano da Reykjavik.
Ari Dor accetta su due piedi.
La sua ragazza ne prende atto glacialmente, come solo le ragazze islandesi (deduco) sanno prendere atto delle decisioni impulsive e del tutto destabilizzanti del proprio partner. Il profilo di Ari Dor rimane descritto in modo grezzo. I tratti presenti in questo episodio si devono prendere necessariamente come i più salienti. Certo… Alle bufere di neve vengono dedicate descrizioni più esaustive e mi auguro che la sua caratterizzazione migliori nella prossima puntata. D’altra parte il meteo infernale del gennaio islandese è davvero importante in questa storia: è esso a portarci nel necessario clima di tensione claustrofobico. Siamo a metà libro, al 18 gennaio 2009, tra interminabili tormente e odiose valanghe quando l’autore butta lì che “l’atmosfera COMINCIAVA a diventare opprimente”. Il che è tutto un programma. Una situazione simile avrebbe fatto venire l’esaurimento nervoso anche ad Osho; comprendi che Ari Dor sta letteralmente sbroccando e solidarizzi con lui. Infatti, mentre i cittadini di Siglufjörður sembrano “felici di godersi il maltempo da dietro le finestre”, Ari Dor inizia a subire tanto la mancanza di quel senso di rifugio che ti da casa tua, quanto la forza irrefrenabile e superba degli elementi. Prima gli sembra di “non riuscire a respirare”, poi inizia a passare notti insonni mentre la neve sale fino alle finestre, quindi arrivano gli attacchi di panico e a un certo punto l’“oscurità gelida lo inghiottì”. In questo simpatico contesto c’è pure da indagare, agli ordini del burbero Tomàs, sulla morte di un cittadino illustre e su un’aggressione ai danni dell’Angelo di Neve.
Jónasson descrive bene cosa prova un claustrofobico, e i passaggi in cui Ari Dor soffre sono emozionanti. La galleria di personaggi di Siglufjörður riempie benissimo il quadro giallo della storia e rende vivide le fasi, ben architettate, delle indagini.
Nel finale, quando si raccolgono tutti i fili ma non tutto va come dovrebbe, si prova un senso di disorientamento “contagiosamente umano”, per dirla alla David Foster Wallace. Succede una volta che il caso principale viene risolto, al termine di una sequenza di depistaggi e di intuizioni. “La giustizia è un’illusione”: a p. 276, sono questa le parole del giovane investigatore Ari Dor con cui riconosciamo l’inevitabile, ciò da cui speravamo di poterci sentire al riparo. Ci scappa un sospiro, più un “eh già”, più una leggera espirazione nasale finale. La giustizia in questo romanzo non è impossibile, ma - più concretamente - è scivolosa come un pezzo di ghiaccio. Non c’è alcun disamore verso la ricerca della verità, no. Ma quando gli uomini si applicano perché giustizia sia fatta, devono fare i conti prima di tutto con le proprie debolezze – Ari Dor è ingenuo e impulsivo – e poi con altri uomini. E a volte i conti non tornano. Non cercate filosofia in questo libro, godetevi le emozioni che suscita! Molte sono amare, altre spaventose, ma c’è dell’altro. Dalla scena in cui  Tomàs, nonostante tutto, promette fedeltà alla sua Città e alla sua Terra, scena con la quale Jónasson sembra volerci dire “arrivederci”, trasparisce serenità: lo stesso paesaggio che ha saputo intimorire e tormentare, può regalare la grande gioia di saper stare nella Natura e riuscire a godere della sua Maestà.
È un affettuoso tributo all’Islanda, e un invito a tentare di spiegarsi perché un essere umano si sente legato al territorio dove è nato e cresciuto, fosse anche un angolo d’inferno.

2. Me e due Eroi Romantici,
Islanda, 2004
(archivio privato).

Più che per la riuscita del mix con cui si costruisce un buon giallo, L’Angelo di neve si distingue sia come libro sui tormenti psichici indotti da un clima estremo, sia come biglietto da visita 
per una corrente neoromantica di stampo nordico, adatta a un pubblico trasversale, ampio e in cerca di un nuovo esotismo. Più freddo che mai.